Malgrado le scritte ritrovate sui muri di Pompei, che annunciavano feste, gare sportive, spettavoli e fiere o esaltavano le qualità dei bagni pubblici, si può dire che la pubblicità -così come la intendiamo noi- nasce con al rivoluzione industriale, quando l'aumento della produzione, la varietà dei prodotti e la concorrenza fra imprenditori impongono una maggiore informazione degli acquirenti.
Infatti, fino all'invenzione della stampa la funzione di pubblicizzare merci ed eventi è stata svolta essenzialmente dalla comunicazione orale e, in particolare, da banditori, imbonitori e strilloni.
Il primo annuncio pubblicitario a mezzo stampa risale al 1479 e viene fatto dall'editore inglese W: Caxton per pubblicizzare i propri libri.
Si deve però attendere il 1630 per vedere la nascita di un vero e proprio servizio pubblicitario. L'idea è del parigino T. Renaudot che apre un ufficio e fonda una gazzetta per raccogliere e pubblicare annunci pubblicitari a pagamento.
L'esempio viene seguito vent'anni dopo in Inghilterra, dove esce, con finalità analoghe, il Mercurius politicus. Da allora i fogli contenenti annunci pubblicitari si sono diffusi in tutto il mondo, andando di pari passo con la produzione massificata di merci industriali.
La pubblicità trova nella seconda metà dell'Ottocento due grandi canali di comunicazione: i quotidiani, dove appaiono sempre più frequentemente le inserzioni pubblicitarie, e i manifesti, dove si mescolano l'immagine, la parola, il colore. Questi manifesti spesso erano firmati da artisti di valore, fra cui Toulouse-Lautrec (uno dei primi pittori a intuire l'importanza del nuovo genere artistico), De Chirico, i Futuristi ecc.
Nel 1904, a Parigi, destò grande scandalo il fatto che mentre si stava proiettando, agli esordi della cinematografia, un film con un rudimentale proiettore a manovella, apparve in primo piano uno spot dei fratelli Lumière dedicato allo champagne "Moet et Chandon".
A partire dagli anni '20 la pubblicità si avvia a operare secondo regole scientifiche, tanto che nel 1925 Daniel Stach pubblica il primo trattato di tecnica pubblicitaria, in cui vengono fissate le cinque regole fondamentali di ogni messaggio pubblicitario:
essere visto, perciò bisogna conferirgli la necessaria attrattiva;
essere letto, perché molti annunci sono guardati, ma non osservati;
essere creduto, perché un buon annuncio deve convincere l'acquirente della veridicità di quanto promette;
essere ricordato;
essere capace di spingere il compratore ad agire, cioè ad acquistare un determinato prodotto.
Il vero concetto di spot o short televisivo appare nel 1953, in America. Il presidente della Nbc, Pat Weaver, avanza la proposta di una pubblicità televisiva simila a quella già praticata su giornali e riviste.
In Italia "Carosello" arriva il 3 febbraio 1957. Era un contenitore di 5 spot abbastanza lunghi, studiati come piccole storie. Dopo vent'anni di repliche fu sostituito dagli attuali spot molto più brevi, tra i 7 e i 60 secondi, diffusi nell'arco della giornata.
Col passare del tempo si è sempre più puntato sulla capacità di eccitare l'emotività dell'acquirente e sulla marca, cui vengono collegati la qualità e il prestigio del prodotto.
La pubblicità può affidarsi alla forza espressiva di una bella immagine fotografica; fa spesso ricorso alla forte attrazione esercitata dal fascino femminile; trasforma il corpo umano (anche maschile) in un oggetto di culto, pur di vendere prodotti. Erotismo, esotismo, fascino dell'evasione in ambienti raffinati ed esclusivi, il richiamo all'eleganza...: questi i temi dominanti dell'odierna pubblicità, che va ben oltre il fine originario di informare sull'esistenza di un prodotto o di un servizio, per investire la sfera della mentalità, della visione del mondo e dei modelli culturali.
Per imprimere nella memoria lo spot, si fa largo uso della tecnica della ripetizione martellante, inducendo assuefazione nel consumatore, il quale, di conseguenza, in una spirale senza fine, viene sollecitato dalle imprese ad assumere dosi sempre più potenti o più sofisticate di "illusioni".